Giuliana's FF

Gli anni dell'amore capitolo 6

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Shannonanimalleto
view post Posted on 5/12/2012, 21:31




Novembre era arrivato forse più velocemente del previsto. I colori caldi dell'autunno stavano ormai svanendo dai giardini dell'università, così dai cuori degli studenti che giorno dopo giorno solcavano le strade per recarsi a lezione. L'inverno arrivò inclemente sulle loro vite, forse un pò troppo in fretta, in anticipo rispetto a quello che credevano e mentre la neve copriva ogni cosa con il suo manto candido, anche i giovani si sentivano ormai persi in un oblio che non conoscevano. Tutto ciò che importava era studiare, dimentichi però di essere loro stessi e di vivere davvero quell'esperienza straordinaria che era la vita. Louis e William non avevano avuto poi molto tempo per conoscersi, le lezioni e gli orari diversi impedivano loro di poter approfondire quella amicizia che era rimasta in sospeso tra di loro, tra un gesto carino ed un sorriso forse troppo radioso. Mancava il tempo, quello necesario per capire chi fossero e cosa stessero davvero cercando. Louis si sentiva intrappolato da qualcosa che non capiva, che probabilmente non avrebbe mai compreso senza l'aiuto necesarrio. Casa in fondo gli mancava molto e nonostante la corrispondenza con la madre e la sorella fosse assidua era sempre più malinconico, indeciso e solo il cugino in quei momenti riusciva a riportarlo sulla retta via. William al contrario era entusiasto di trovarsi lì, lontano da casa, dalla famiglia e dagli sguardi di rimprovero che lo avevano accompagnato durante gli ultimi anni del liceo. Adesso, in quel posto, poteva essere una persona nuova senza che stupidi fantasmi del passato lo facessero star male. Louis gli piaceva, era un ragazzo alquanto sensibile e timido e lo affascinava quel suo modo di fare quando lo ammirava da lontano. Aveva qualcosa di regale, irrangiungibile, agli occhi degli altri. Louis non era come loro, era forse più simile a una qualche divinità greca e William non faceva altro che spiare i suoi gesti, quando poteva, senza esser visto. Avrebbe voluto parlargli, poter stare in sua compagnia e magari raccontarsi e ascoltare ciò che lui voleva dire, perchè in fondo quel giovane dai tratti eterei nascondeva una ferita dentro di se, un dolore che non riusciva nemmeno ad immaginare e avrebbe voluto guarire.

Era una mattina insolitamente fredda e la neve imperversava impetuosa ormai da qualche ora sul campus. Le lezioni erano state sospese per quel venerdì, era già arrivato il fine settimana e molti degli studenti avevano già lasciato gli alloggi per tornare a casa. Louis aveva dovuto invece rinunciare a quella breve vacanza, i genitori erano in Scozia e la sorella era invece a scuola, forse sarebbe potuto andare a trovare gli zii e il cugino ma sentiva di voler restare, per lui. William non avrebbe mai lasciato Cambridge perchè non avrebbe saputo dove andare e fu una sorpresa per il giovane scoprire che il suo compagno di stanza aveva deciso di restare.
William si era alzato presto quella mattina e nonostante l'aria gelida gli arrossasse il volto, facendogli bruciare il naso ad ogni respiro decise ugualmente di recarsi in biblioteca. Doveva ancora restituire un libro che aveva preso e aveva bisogno di altri volumi da consultare per un esame alquanto ostico che avrebbe dato di lì a qualche giorno. Si soffermo forse più del dovuto e quando l'orologio segnò quasi l'ora di pranzo decise che era ora di tornare nel suo alloggio. Non gli fu facile tornare al dormitorio, le gambe affondavano ormai nella neve alta e il cappotto che aveva scelto non lo teneva poi così caldo. Si diede mentalmente dello stupido per non essere rimasto in camera al caldo, ma non voleva vedere partire Louis. Louis, quel ragazzo lo stava facendo impazzire, una volta sembrava la persona più amabile del mondo e il giorno dopo invece era capace di non guardarti nemmeno per un istante, come si fà con qualcosa che ci disgusta. Will era completamente assorto nei suoi pensieri quando finalmente varcò la porta della stanza e non si era nemmeno reso conto del giovane che lo stava osservando fino a quando questi non decise di comunicargli la sua presenza. << Pensavo non saresti più tornato >> Will quasi si fece venire un infarto per la sorpresa << Mio dio Louis non farlo mai più. Pensavo fossi tornato a casa >> il biondo si alzò lentamente dalla scrivania portando una calda coperta all'altro per coprirlo. << I miei sono in Scozia e non aveva senso tornare in una casa vuota. E poi qualcuno doveva pur pensare a te. Ma guardati - e gli appoggio la coperta sulle spalle, frizionandogli le braccia - sei del tutto congelato >> William evitò il suo sguardo e cercò di non concentrarsi troppo su quelle mani che gli stavano scaldando il cuore. << Will mi ascolti? Dicevo che ho preso il pranzo così possiamo mangiare qui in camera >> Louis gli sorrideva gentile << Si perdonami. Ero solo sovrapensiero. Mi cambio così possiamo pranzare tranquilli >> nessuno dei due però si mosse, nessuno dei due aveva intenzione di sciogliere i loro sguardi o di interrompere qualcosa che nemmeno loro sapevano spiegare. William non era mai stato un ragazzo alquanto pudico, anzi la consapevolezza del suo corpo non lo aveva mai fatto vergognare o lo aveva fatto nascondere negli spogliatoi dopo le lezioni di ginnastica. Così gli sembrò la cosa più semplice del mondo iniziare a sfilarsi gli indumenti umidi proprio lì, in quel quadrato che entrambi avevano creato senza davvero sapere come. Louis seguiva ogni singolo movimento delle mani, il modo in cui il maglione scombinava i suoi soffici capelli, le mani che tremanti sfibiavano ogni bottone dall'asola, il petto del ragazzo troppo perfetto, troppo meraviglioso per distogliere lo sguardo, per non desiderarlo. Lo desiderava, sentiva il cuore battere all'impazzata, il respiro farsi affannato mentre aspettava di scorgere ancora quel corpo perfetto. Era sbagliato? Come poteva desiderarlo? Volerlo stringere? Mordere, baciarlo, accarezzarlo? William intanto fissava l'altro affascinato e nei suoi occhi poteva riflettersi, sentiva il desiderio, la voglia repressa. Se fosse stato qualcun altro probabilmente lo avrebbe già toccato, chiedendogli di spogliarsi anche lui, ma Louis non era come gli altri, lui non poteva essere trattato come tutti. Stava quasi per sbottonare anche l'ultimo bottone dei pantaloni quando qualcosa si spezzò, quel mondo magico in cui si erano rifugiati era andato in fumo. Lo aveva spaventato, aveva corso e lo aveva spaventato. << Devo andare >> furono quelle le uniche parole che il cervello del biondo riuscirono a formulare prima che le gambe lo portassero lontano, mentre William si sedeva sul letto in preda alla paura più nera.

Corse a per di fiato fino a sentirsi bruciare dentro. Tutto il corpo chiedeva pietà, sperava di trovare sollievo da quello sforzo assurdo a cui Louis si stava sottoponendo. Ma non poteva e non voleva fermarsi. Il panico lo stava attanagliando fino al midollo, si sentiva impotente, vulnerabile, tutte le sue certezze stavano andando in fumo. Si ritrovò su una collina, nessuno a perdita d'occhio, solo lui e qualche albero. Si accasciò al suolo distrutto e iniziò a piangere, come mai aveva pianto in vita sua. << I veri uomini non pinagono mai Louis >> suo padre lo scherniva da bambino per quel suo modo di fare, << Stai sempre dietro le sottane di tua madre. Un uomo protegge una donna, non si fà proteggere >>. Lo odiava, ora lo sapeva, ne era finalmente consapevole. Lo odiava perchè non lo aveva mai davvero amato come lui voleva. Lo odiava perchè aveva sempre scelto tutto senza però chiedere la sua opinione, senza però rendersi conto delle sue esigenze. Lo odiava per quel matrimonio imposto. Non era nemmeno stato preso in considerazione, non gli avevano nemmeno chiesto se volesse sposarsi. Pianse fino a farsi mancare il respiro. Fino a svenire.

William era invece rimasto in camera, perso nei suoi pensieri. Non avrebbe dovuto spingersi così oltre, non in quel modo, non dopo poco più di due mesi che si conoscevano. Come aveva potuto essere così stupido? Aveva promesso di fare attenzione, di non dover più soffrire per gli sguardi della gente che sussurravano quando camminava per strada. Non aveva davvero imparato nulla? Cambiare scuola tre volte in due anni non gli era davvero servito a nulla? " Sei uno stupido William Abrams " era l'unica cosa che riusciva a ripetersi, a pensare. Adesso forse sarebbe stato costretto a tornare a casa, a ripiegare su qualche università del paese, certamente all'altezza, ma dove la sua fama già lo precedeva. Dove gli avevano riservato un alloggio, si, ma nel dormitorio femminile. Era stato terribile scoprire che Yale lo avrebbe umiliato in quel modo. Yale, il suo sogno. Voleva studiare lì da sempre, da quando ne avesse memoria e quando era stato ammesso, tutto sembrava aver preso il verso giusto, fino a quando però la realtà non lo aveva strattonato. " L'università di Yale è lieta di comunicarle che è stato ammesso alla facoltà di lettere antiche del nostro college e che la sua richiesta di un alloggio è stata accettata. Purtroppo però il reparto maschile era già pieno e quindi per comodità le offriamo una stanza nel reparto femminile del campus ". Suo padre aveva pianto quella sera, ne era sicuro. Non era mai stato umiliato così in vita sua, mai. E poi la speranza. Volare oltre oceano, dove nessuno sapeva, dove nessuno aveva raccontato di ciò che era successo a quella festa del secondo anno. E si era sentito libero. Era tutto finito adesso, sarebbe tornato a casa con la coda tra le gambe, umiliato e incapace di affrontare nuovamente la delusione negli occhi dei suoi genitori. Si assopì così, con la testa piena di quei pensieri e le lacrime agli occhi.


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